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Ricostruzione rudere: è ristrutturazione edilizia?
Nelle normative precedenti, la ricostruzione di un rudere era considerata in ogni caso una nuova costruzione. Le cose però sono cambiate nel 2013, con l’art. 30 del decreto legge n. 69/2013, convertito in Legge n. 98/2013, che ha modificato l’art. 3, comma 1, lett. d), del Testo Unico Edilizia.
Qui viene introdotta la possibilità di considerare gli interventi su un rudere come ristrutturazione edilizia. Ma solo se è possibile dimostrare la precedente consistenza del manufatto prima del crollo o della demolizione.
Vediamo quando la ricostruzione di un rudere può essere valida come ristrutturazione edilizia.
Ricostruzione rudere: necessaria un’indagine tecnica
IL TAR Liguria con la recente sentenza dell’11 giugno 2020 n. 364 sez. I, conferma quanto già decretato anche con la sentenza n. 631 del 26 maggio 2020 sez. III. Ovvero che, per poter considerare la ricostruzione di un rudere come ristrutturazione edilizia, è necessario confermare la sua precedente consistenza con un’indagine tecnica.
Già nel 2013 era stato appurato che gli interventi compresi nella ristrutturazione edilizia comprendono anche i lavori:
“volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
Solo quest’anno invece è stato stabilito che per appurare appunto la precedente consistenza di un manufatto crollato o demolito, serve conseguire un’indagine tecnica.
Gli elementi sui quali basarsi per il riconoscimento
Si chiarisce inoltre che l’indagine tecnica deve fondarsi nell’analizzare dati certi, che permettano di ricomporre gli elementi essenziali del manufatto crollato con “un sufficiente grado di sicurezza”.
Per far sì che questo sia possibile, le prove da portare agli atti devono essere oggettivamente sussistenti. Al fine di considerare la ricostruzione di un rudere come ristrutturazione edilizia, la legislazione italiana impone la presenza di:
- Visure catastali;
- Mappe catastali, nelle quali si può accertare la presenza originaria del manufatto;
- Rilievi fotografici, nei quali risultano ben visibili, in tutto o in parte, i resti del fabbricato originale;
- Fotografie storiche, nel caso in cui risulta possibile tratteggiare la sagoma originaria del rudere, anche se a lunga distanza di tempo;
- Aerofotogrammetrie sviluppate in passato, nelle quali è possibile riconoscere in maniera distinta e oggettiva il tetto del fabbricato o la tipologia di copertura, nel periodo precedente alla decadenza;
- Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà dei precedenti proprietari, che possa attestare dati tecnici relativi al fabbricato. Come le dimensioni della pianta, le caratteristiche del tetto e l’altezza del manufatto.
fonte articolo Edilizia.com
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Detrazione ristrutturazione per l’edilizia libera: facciamo chiarezza
Edilizia libera, ossia lavori per i quali non occorre nessuna comunicazione e nessuna autorizzazione dal Comune. Ma gli interventi di questo tipo, come si conciliano con la detrazione per ristrutturazione? È davvero possibile avere il bonus fiscale anche senza presentare nemmeno la CILA?
Ebbene sì, e senza alcuna ombra di dubbio: quando la CILA non serve basta una dichiarazione, e una fattura con il dettaglio dei lavori, per essere a posto con il Fisco. A chiarirlo la stessa Agenzia delle entrate con la Circolare 13/2019 nella quale sono state dettate le regole per la corretta compilazione della dichiarazione dei redditi. Un capitolo ad hoc è stato dedicato proprio all’edilizia libera.
Detrazione ristrutturazione per l’edilizia libera: facciamo chiarezza
Glossario dell’edilizia libera, di cosa si tratta?
Il 22 aprile 2018 è entrato in vigore il Glossario dell’edilizia libera che elenca punto per punto tutti gli interventi di manutenzione, anche sull’esterno dell’edificio e in giardino, che possono essere effettuati senza la necessità di presentare alcun tipo di comunicazione al comune, e perciò senza dover versare alcun onere amministrativo.
Leggi il nostro speciale >>>> Lavori edilizi: quando serve CIL, CILA o SCIA (e quando nulla)
Il Glossario ha valore per l’intero territorio nazionale, quindi nessuno dei comuni può imporre regole più restrittive. Restano ovviamente gli obblighi di rispetto delle norme in materia di immobili vincolati, centri storici e aree tutelate come i parchi, e in materia di sicurezza e messa norma degli impianti.
Nel Glossario, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 7 aprile 2018, sono elencate in dettaglio 58 tipologie di opere, in modo da eliminare qualunque tipo di dubbio o incertezza sulla necessità di doversi informare agli sportelli comunali prima di poter dare il via ai lavori.
Opere interne e pannelli solari
Per quel che riguarda l’interno degli appartamenti, la lista ricomprende non solo tutta la manutenzione ordinaria, compreso il rifacimento di tutti gli impianti, ma anche le modifiche che non alterano in maniera significativa lo stato dell’immobile e che, di conseguenza, non richiedono la necessità di variazioni catastali una portate a termine.
Accanto al rifacimento degli intonaci e degli infissi, all’installazione di inferriate, parapetti e grondaie, rientrano infatti tra gli interventi completamente liberalizzati la realizzazione di controsoffitti di tipo non strutturale, ossia quelli che servono come ripostiglio, e l’installazione di scale interne d’arredo.
Via libera anche a rampe, montascale e ascensori per abbattere le barriere architettoniche, purché realizzati all’interno degli edifici e senza interventi sulle parti strutturali.
Nessuna comunicazione al comune neppure per i pannelli solari e gli altri impianti per il risparmio energetico, a patto che siano realizzati su immobili al di fuori dei centri storici. Resta inteso, ovviamente, l’obbligo di pagare gli oneri di occupazione del suolo pubblico quando si tratta di interventi sull’esterno dell’edificio per i quali è necessaria l’installazione dei ponteggi.
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Niente autorizzazione ma detrazione garantita
Il fatto che questa lunga lista di lavori non richieda più il pagamento degli oneri al Comune, come chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare 31/2019, non ha però conseguenze in merito alla possibilità di continuare a detrarre gli interventi di questo tipo in tutti i casi in cui questi rientrano nella lista delle opere agevolabili.
Secondo l’Agenzia, infatti le modifiche introdotte “non hanno riguardato le definizioni degli interventi edilizi contenute nell’art. 3 del medesimo D.P.R n. 380 del 2001, cui fa rinvio il citato articolo 16-bis del TUIR e, dunque, tali modifiche non esplicano effetti ai fini delle detrazioni previste dalla citata disposizione. Ma come regolarsi allora per la detrazione quando non è richiesta alcuna autorizzazione per gli interventi? Viene in aiuto ancora una volta la circolare dell’Agenzia.
Autocertificazione e fattura dei lavori dettagliata
L’Agenzia ha infatti chiarito che nel caso in cui la normativa edilizia applicabile non preveda alcun titolo abilitativo per la realizzazione di interventi di recupero del patrimonio edilizio agevolati dalla normativa fiscale, è necessaria un’autocertificazione nella quale occorrerà indicare:
– la data di inizio dei lavori;
– l’attestazione che gli interventi di ristrutturazione edilizia effettuanti rientrano tra quelli agevolabili, pur se non occorre alcun titolo abilitativo, ai sensi della normativa edilizia vigente.
Da parte sua la fattura dovrà contenere una lista dettagliata degli interventi eseguiti. Rispettando queste due semplici regole la detrazione è assicurata.
Di seguito la lista delle opere realizzabili senza autorizzazione comunale che danno diritto alla detrazione del 50% per ristrutturazione elaborata sulla base del Glossario dell’edilizia libera.
fonte articolo Ediltecnico.it
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